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      Ma uno della folla che s'accorse dell'inganno, gli gridò che il prete non era già un canonico di Monza, ma bensì quello che avea tirato addosso ai canonici tutto il malanno. Bernardo si trasse indietro inorridito, sclamando: - Ho baciato dunque un serpente velenoso credendo di baciare una colomba!
      - Sei tu l'aspide, il dragone e il basilisco - si mise a gridar più forte quell'altro, - tu, fautore dello scisma e dell'eresia.
      E lì, a chi avea più voce, a tirar giù per dritto e per traverso senza cedere un dito l'uno dall'altro, e il popolazzo a ridere, ad aizzarli. Alla fine un furfante diede uno spintone per dalle schiene al figlio del falconiere, con che lo mandò per terra a gambe levate fra mezzo agli urli e ai battimani che scoppiaron fragorosi d'ogni parte.
      Se non che s'udirono alcune voci che fecero acquietare in un tratto tutto quello schiamazzo. - Largo, ohe! state su, date, il passo! - Era Ottorino che arrivava a cavallo, con forse trenta soldati, in compagnia del conte del Balzo.
      La marmaglia al giungere della cavalcata si disperse, scantonandosela quatti quatti un di qua, l'altro di là. Lupo, il quale stava al fianco del suo signore, riconobbe tosto il fratello che andava scotendosi le vesti imbrattate, e raccogliendo la celata; e gli disse: - Non volete tener la lingua fra' denti, vi sta bene.
      - Se giungevi un momento prima, - rispose Bernardo, - mi avresti prestato il tuo braccio.
      - Hai bisogno piuttosto che ti presti un po' di cervello, - rispose Lupo.
      In quel mezzo Ottorino coi cavalli che lo seguivano era entrato in chiesa, e galoppando su e giù per le navate e dentro e fuori delle cappelle, e penetrando in sagristia e nel coro, a furia di botte col piatto della spada e col calcio della lancia, ne scacciava tutta quella ladra canaglia che vi teneva il campo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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