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      Costui odiava da un pezzo Ottorino, e per l'invidia del vederlo prediletto da Marco, sul cui animo avrebbe voluto dominar solo, e per certi litigi che avea avuto col giovane cavaliere, come parenti ch'erano, a conto della successione del feudo di Castelletto sul Ticino, il quale da ultimo era toccato ad Ottorino. Marco avea cercato di racconciarli: già da qualche tempo parevano un po' abbonacciati: Lodrisio però non avea deposto l'antico rancore, e stava sempre alle vedette per cogliere il destro di poter perdere il suo rivale.
      Un paggio annunziò l'arrivo del conte del Balzo: tutti gli occhi si rivolsero verso l'uscio, ed ei fu visto entrare tenendosi per mano la figlia. Marco corse loro incontro tutto turbato; chè al primo apparir di Bice, la quale veniva innanzi cogli occhi bassi, col volto sparso di modesto rossore, credette di veder la madre di lei, di veder Ermelinda viva e vera, e se gli rimescolò a un tratto il sangue. Non ne diede però segno, accolse il padre con cortese dignità, con un volto degnevole, con uno sguardo che accarezzando si facea riverire, e fece alla figlia ogni onore che s'addicesse a gentil donzella, intrattenendola in lieti ragionamenti finchè non entrarono i paggi ad annunziare che le mense eran poste. Passarono allora tutti in un'altra sala: Marco si fece seder Bice alla destra, il conte del Balzo dall'altra mano, e tutta la brigata prese posto intorno alla tavola.
      Non ci intratterremo a divisare l'ordine e il magistero di quel banchetto, che non avea certo la sontuosità dei banchetti che solevan darsi allora in occasioni solenni di corti bandite, ma con tutto questo era tale, che ai nostri giorni potrebbe far onore a qualunque più ricca e sfoggiata corte d'Europa.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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