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      Dite un po', al palazzo del vicario non se ne sa ancor nulla?
      Marco, che in quel punto stava col capo in tutt'altra banda, avea sentite le ultime frasi presso a poco come uno che caschi dal sonno, il cui orecchio è percosso dal suono materiale delle parole, senza che la mente ne avverta il senso; e appunto in quella guisa che colui che dormicchia, se vien riscosso da quel che gli parla, così intenebrato e mezzo fuor del secolo com'è, pur pure dalle ultime voci che gli rimangono nelle orecchie arriva a raccapezzare indigrosso la ragione del discorso, così Marco dalla parola Ceruglio, di cui gli sonava, dirò così, ancora la romba morta, e dall'accento interrogativo di Lodrisio, indovinò di che si trattasse; e senza farsi scorgere, com'uomo che fosse sempre stato presente a sè stesso, gli rispose:
      - Quelle bande del Ceruglio, eh?
      - Sì, diceva, se i vostri fratelli, se il vicario n'abbiano inteso qualcosa?
      - Ne sono stati ragguagliati dallo stesso Bavaro, - rispondeva Marco: - anzi, l'imperatore fa una gran calca intorno a mio nipote per aver i danari dell'investitura, coi quali spererebbe di richiamare all'obbedienza quelle truppe ribellate.
      - Sta fresco! e' ne vuol maneggiar pochi se gli aspetta da qui, - rispondeva quell'altro.
      - E però sai, - continuava Marco, - sai che cosa ha pensato Azzone? indovina mo! di mandar me al Ceruglio in luogo del danari.
      - Come?
      - Vorrebbe ch'io andassi a costituirmi statico presso le bande ribellate per tenerle quiete finch'egli non abbia messa insieme la moneta per pagarle.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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