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      - Fatto questo, appoggiò le spalle alla seggiola, levò la faccia, e si mise a pensare alle frasi con cui dar principio alla lettera; ma le spalle non si staccavano dall'appoggiatoio; gli occhi non si toglievano dal palco, e la lettera non andava innanzi. Alla fine gittò indietro sgarbatamente colle due mani un grande ingombro di scritture che gli stava sotto agli occhi, e levando in piedi si diè d'una palma nella fronte, e si rimise a passeggiare, dicendo fra sè: - Ma non lo sapeva anche prima ch'ella dovea somigliare ad Ermelinda? Non me l'avea scritto, non me lo avea detto tante volte Ottorino?... Quel capo scarico!... Anche la voce, tutta sua! e il sorriso, e il portar della persona, e il volger degli occhi... Povera colomba! a quell'aspetto, al suono di quelle sue parole mi pareva di rivivere nei miei primi anni, negli anni della speranza... Oh dove sono iti quei tempi! il soffio maligno dell'iniquità non avea ancora contaminato il mio cuore... a canto di Ermelinda tutto il creato era un sorriso, in ogni uomo io vedeva un amico... e poi?... Quanti dolori, e che sozzura!... E anch'io mi sono avvoltato in quel fango, anch'io mi sono inebbriato nel sangue!... e sì, non mi parea d'esser nato a questo... Bice! è un bel nome!... -
      Qui ruppe in un sogghigno di scherno, come avrebbe potuto fare con un inferiore che avesse côlto in s'un fatto vergognoso. - E sei tu? -, proseguiva, - sei tu quel Marco, da cui tanta parte d'Italia aspetta palpitando il compimento de' suoi destini? Tu maturato da tanti anni amari, da sì forti e dure vicende?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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