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      Ma quella fronte, dal cui fondo spirava un'aura serena di pace, si vedeva allora rabbuiata da un cordoglio recente e inusato: uno che l'avesse veduta per la prima volta, poteva agevolmente notare su quelle guance un pallore che non vi doveva essere abituale, un insolcarsi ancor fresco; avrebbe indovinato che quegli occhi, gonfi e sbattuti per le tante lagrime versate, non erano però usi al pianto.
      Movea visibilmente le labbra, dicendo le sue divozioni, e di quel suo tacito pregare non si udiva che lo strascico delle ultime sillabe, le quali le morivano sulla bocca in un lieve fischio ch'ella accompagnava col piegar frequente e fervoroso del capo.
      Di tanto in tanto volgeva gli occhi a quel letticciuolo, poi gli alzava al cielo in atto di sì desolata pietà, da far manifesto il voto segeto che mandava al Signore, perchè degnasse di richiamarla a sè, di riunirla al suo Arrigozzo.
      Michele, colle spalle volte al desco, stava seduto presso al fuoco, curvo sopra di quello, con una mestola in mano tramenando una minestra di panico nel latte, che bolliva nel pentolino; un dolore più ruvido, più duro, che avea pure qualcosa del dispettoso e dell'iracondo, stava sul volto di lui. Egli teneva a bello studio volte le spalle alla moglie, perchè l'aspetto del dolore materno non incrudisse il suo, e continuava in quella bisogna senza levar mai il capo.
      Come fu scorsa una mezz'ora, la donna sorse in piedi, si tolse la rocca dal lato, andò verso il fuoco, ne tolse giù il laveggio; quindi accostatasi alla rastrelliera, tutta infervorata com'era nelle sue orazioni, si vide dinanzi le tre scodelle; ne le trasse fuori per un moto macchinale; e ripetendo in quella preoccupazione ogni atto a che la mano correva da sè per la consuetudine di tanti anni, le dispose tutte e tre sul desco, mise un cucchiaio al lato di ciascuna, versò in tutte la vivanda, e chiamò: - Michele! venite a cena.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Arrigozzo