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      L'infelicissima vecchia si ricacciò indietro le lagrime che le tornarono più amare e più angosciose sul cuore; si terse gli occhi col grembiale, e si rimise a filare.
      Per un pezzo nessuno dei due fiatò: la donna, non intermettendo mai il suo lavoro, gettava ad ora ad ora qualche occhiata al marito, il quale seduto su d'una bassa predella, coi gomiti appoggiati sulle ginocchia e il capo nelle mani, parea che piangesse.
      Finalmente questi si levò, venne presso la moglie, le si mise d'intorno, e parea che volesse dir qualche cosa per rabbonirla, che la volesse con qualche amorevolezza compensar della pena che le avea dato con quel suo parlare spropositato di poco prima; ma poi non disse altro che questo: - Ebbene, Marta, farò a modo vostro, mangerò per accontentarvi voi, - e si mise di fatti a mangiare. - Sentite, Marta, - ripigliò di lì a poco, - domani ho da menare a Dervio il Sindaco qui del paese: coi danari del navolo gli faremo dire una messa, la faremo dire a Lugano dove non c'è l'interdetto.
      - La messa gliel'ho già fatta dir io, - rispose la donna, e alzando il dito al pennecchio: - Vedete questa lana? - diceva, - è appunto del Messere di Lugano: la filatura sconta la limosina della messa.
      Il barcaiuolo premette insieme le labbra, che, sporgendo in fuori per la subita commozione, gli s'eran fatte aguzze e tremanti, e rattenendo a fatica le lagrime, provò una compassione, una tenerezza, uno struggimento per la vecchia compagna de' suoi giorni, che avea qualche cosa di più santo, e, dirò ancora, di più soave del primo fervente amore che le avea portato negli anni della giovinezza.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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