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      In ultimo egli sentiva troppo bene, ch'ella fatta madre di prole già allevata, doveva avere smarrita la beltà del primo sembiante: con tutto ciò ogni volta che pensasse a lei, come poteva figurarsela, se non qual era nel mattino de' suoi giorni, lieta, rugiadosa, con quel volto, con quegli occhi in cui soleva inebriarsi da giovinetto? da quel tempo in poi non l'avea più vista, e l'immagine ricevuta nella mente non poteva essere sfiorata dall'età, più che non siano i tratti d'un volto giovanile impressi su d'una tela. E però quando egli vide Bice per la prima volta a Milano, e trovò la figlia tanto somigliante all'idea che gli era rimasta della madre, fu affascinato da una potenza irresistibile, il cuore l'accolse come cosa già sua; quel cuore rattiepidito, affreddato da tanto tempo, si ravvivò della prima fiamma, palpitò de' palpiti antichi, riconobbe il giogo usato.
      Nei primi giorni egli si persuase che non fosse che un ribollimento momentaneo della fantasia riscossa da tante memorie, sdegnossi contra sè medesimo, propose di vincersi, e se ne tenne sicuro; ma dibattendosi faticosamente nello strano laccio in cui si trovava avvolto, non faceva che stringerselo sempre più sodo dattorno. Stanco al fine da tanto travaglio, si lasciò ire a poco a poco, senza quasi accorgersene, alla speranza di poter dare onesto fine a quell'amore che gli era troppo duro di vincere: pensò che qualunque principe d'Italia, non che il conte del Balzo, si sarebbe recato a onore d'averlo genero, e quanto ad Ermelinda pensò, che se le avea tolto il padre, gliel'avea tolto in giusta guerra, gliel'avea tolto per meritata vendetta di quell'amore furioso che portava a lei medesima; e che però l'abborrimento che ella doveva avere per l'autore di quell'eccesso, sarebbe stato mitigato in qualche parte dalla cagione che l'avea fatto commettere; perocchè non è donna di sì austera e feroce virtù, che non si chini segretamente ad accordar qualche scusa alle colpe che derivano da quella sorgente.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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