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      D'altra banda, in quei tempi di fazioni continue, le ire erano sempre deste, pronte le offese e le vendette; il sangue si pagava col sangue, ed eran troppe le famiglie divise, perchè non fossero frequenti i casi in cui si vedesse l'uccisore mescersi alla razza dell'ucciso.
      Questi pensieri gli sorrisero all'anima: egli cominciò ad accarezzarli, a compiacersene, a starvi sopra deliziosamente, e il veleno dell'amore gli entrava più sempre nel sangue, gli cercava ogni fibra, lo penetrava, lo riempiva tutto.
      Vi fu un tempo che gli parve d'aver fatto pace con sè medesimo, si sentì una vita novella e fresca aggiungersi all'antica, gli diventò più bello, più ridente, l'avvenire verso cui correva: non avea mai desiderato con tanto fervore la signoria di Milano; non s'era mai con più alacrità affrettato sulla carriera pericolosa che ve lo dovea condurre, come in quei pochi giorni, nei quali in fin d'ogni sua immaginazione vedeva Bice, ai cui piedi avrebbe posto ogni cosa e sè stesso.
      Ma a destarlo da quel sogno vennero tosto i primi sospetti dell'amore che era tra la fanciulla e Ottorino. Ogni comparazione è poca a significare le smanie di quell'anima riscossa al freddo tocco della gelosia. Stette qualche tempo fra due, ora parendogli, or no, che quella sua tema avesse fondamento: volle certificarsene del tutto, e lo fece in quella cavalcata, di cui si è detto più indietro.
      Composta a quei dì con Lodrisio ed assestata tutta la trama per tôrre al nipote Azzone la signoria di Milano, Marco avea poi risoluto di portarsi al Ceruglio ad assoldarvi per conto proprio le bande tedesche ribellate, come ne avea già dato intenzione, e dovea mettersi in viaggio al più presto; ma dacchè gli parve d'essere sicuro dell'amore dei due giovani, tutto andò sossopra.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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