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      Questo era bastato per cavarlo dell'intelletto; ma non poteva essersi ingannato?
      Volle chiarirsene, e fermò di veder Bice, d'interrogarla esso medesimo onde accertarsi qual fosse il cuor suo. Fece bandire una festa pel dì precedente a quello che avea determinato di partire, e v'invitò il Conte, facendogli intendere che l'aspettava senza fallo in compagnia della figliuola.
      Intanto si maturava un nuovo caso che avrebbe facilmente condotto Marco per un'altra via all'intento proposto. Noi ne renderemo conto dopo d'aver detto brevemente di Ottorino.
      Il quale quantunque pieno di rabbia e di dispetto pel severo modo e bisbetico con cui l'avea trattato l'ultima volta il suo signore, era tornato alla casa di lui per giustificarsi, per fargli scusa dell'esitazione mostrata quando fu invitato al viaggio di Toscana, per profferirsi d'accompagnarvelo, e pregarlo che nol volesse defraudare di tanto favore: ma la porta gli era sempre stata negata: e in ultimo gli fu fatto intendere che non si avvisasse di metter piede mai più in quella casa.
      S'ei ne fu dolente, non è da domandarlo. Troppo lontano dal sospettare la cagione vera e capitale che gli aveva concitato addosso quel tal mal talento, ne incolpò semplicemente il suo rifiuto della figlia del Rusconi; e in vero che poteva esser colpa bastante per cader di collo affatto ad un uomo qual era Marco.
      Allora egli cominciò a pensare seriamente ai casi suoi: rinunziare a Bice non era cosa che potesse mettere in consulta; ma come acconciarsi col suo signore?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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