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      Il padre di Bice si sentì gelar il sangue addosso, e tutto impacciato rispondeva balbettando:
      - Come? che cosa dite? Io non so d'aver offeso nessuno; il Rusconi poi, pensate! se lo conosco appena!
      - Oh! non dubitate, - ripigliava Marco, - egli vi si farà conoscere da sè: il Rusconi non è mica uomo che voglia tenersi un debito, che non sappia rimeritare i servigi che gli sono resi anche da uno sconosciuto; - e ciò detto si movea facendo atto d'andarsene.
      Ma l'altro, stringendoglisi più da presso: - Vi prego, - insisteva, - parlatemi chiaro; dite, che cosa?... chè io veramente non saprei... Se non fosse per cagione di quel giovane... di Ottorino...
      Marco, che voleva tirarlo a spiegarsi meglio, senza rispondere seguitava pure a far mostra di volerlo lasciare.
      - Sentite, sentitemi, - pregava il Conte con sempre maggiore affanno: - io non ne so nulla, vedete, io non ce n'ho colpa nessuna... veramente il garzone... sì, non posso negarlo, s'è lasciato intendere che avrebbe sposato volentieri mia figlia; ma io gli ho parlato chiaro addirittura, che non voleva spiacere a voi... e che non mi sarei condotto a dargliela, se prima...
      Marco, che si sentiva addosso la febbre, non potè contenere la sua impazienza, e interrompendo quel discorso, dimandò:
      - Ma, e Bice, s'accomodava ella di buona voglia a quelle nozze? - e stette aspettando la risposta con un volto sì conturbato che il Conte si sentì venir freddo.
      - Bice? - rispose questi titubando, - mi chiedete di Bice? ella avrebbe accettato lo sposo offertole dai parenti qual ei si fosse.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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