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      .. è tanto semplice la poveretta, tanto innocente, una colomba, vi dico; e non ha il cuore ad altro che a sua madre e a me.
      - Dunque, - tornava a domandare il Visconte, - credete ch'ella non ne sarà gran fatto addolorata, se questo parentado viene a stornarsi?
      - Addolorata? oh pensate! non è fanciulla da codeste baie: so bene com'ella è fatta la mia figlia, la conosco, e per questo non ci ho un pensiero al mondo.
      Al sentir quelle benedette parole, Marco fu preso da tanta gioia, da una sì pronta e forte benevolenza, che avrebbe pur volentieri gettate le braccia al collo di lui che le avea pronunciate, ma si contenne pensando che quello che non era per anco accaduto, poteva per avventura accadere nel tempo ch'egli sarebbe rimasto in Toscana, se non trovava la via di tener lontano il giovane dalla casa del Balzo; e che la più sicura era quella già divisata di lasciare addosso al padre della fanciulla un terrore di qualche cosa d'oscuro che gli stesse sopra; laonde con un'aria non tanto annuvolata come prima, ma che certo era ben lungi dal lasciare scorgere la serenità dell'animo suo in quel momento, rispose:
      - Com'è così, meglio per lei, e meglio anche per voi: chè mi sarebbe stato grave il sapervi in urto con un signore della potenza e dell'umore del Rusconi; e anche per conto mio, vi confesso, che mi doleva assai d'aver a contar fra i miei... fra quelli che mi stanno contra e ch'io non posso veder di buon occhio, un compagno, un amico della prima giovinezza. - E qui prendendo un tuono di confidenza, ma di quella confidenza signorile d'uno che si abbassa e ti leva su per trovarsi un momento del pari, gli mise una mano sulla spalla, e soggiugneva: - Forse voi non lo sapevate bene che l'ho menata io la pratica del parentado fra Ottorino e la figlia del signore di Como: ora il giovane pare che mi tentenni, che se ne voglia tirare indietro; ma al punto in cui siamo ne va dell'onor mio.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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