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      Dopo ch'egli ebbe smaltita un po' quella gran rabbia, dopo che gli fu quietata quella gran paura, e che si fu consolato pensando che alla fin fine lo sdrucito era racconcio, si ricordò di Lupo e della grazia che doveva cercare a Marco per lui: fu come a lasciar posare un'acqua agitata e torba, che data in giù la belletta che vi nuotava per entro, si torna a vedere fino al fondo. Si ricordò di Lupo, dei genitori, della sorella di lui; gli risorsero nella mente quelle loro compassionevoli parole, quei volti, quelle lagrime: si rammentò la promessa che gli avea data, e ne sentì una gran compassione e ne provò un gran rimorso, una gran vergogna: ma niente di tutto questo potè farlo esitare un momento intorno al partito da prendere.
      Parlare a Marco d'uno scudiere d'Ottorino, dopo tutta quella poca galanteria? ci burliamo! - diceva fra sè; - no, no, non mi colgono; vada in precipizio Lupo e chi tien dalla sua, ma io non voglio andarne di mezzo per nessuno... Se ne farà un grande scalpore in casa mia; Ermelinda, Bice, grideranno... a loro posta! ed io griderò più di loro. Manco male che non son uomo da lasciarmi côrre tanta maggioranza, tanto rigoglio addosso. - E in questa immaginazione, tornandoglisi a sollevar la bile, uscì dal buco entro il quale era stato rimpiattato tanto tempo, e si mostrava sulla sala impensierito e colla faccia arrapinata.
      Bice, che dal suo posto avea veduto il padre in lungo colloquio con Marco, erasi figurata ch'ei gli parlasse di Lupo; e palpitando stava aspettandone la fine.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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