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      Provando in quel momento un bisogno prepotente, una smania di moversi, d'agitarsi, di respirare all'aperto, saltò s'un cavallo, il quale stava ivi apparecchiato per lui che dovea partir quella notte, e lo spinse a precipizio per la prima via che gli si offerse dinanzi: uno solo de' suoi scudieri, fra tanti che lo dovevano accompagnare, fu appena a tempo a cacciarglisi dietro, e senza poterlo raggiungere, lo venne seguitando alla lontana. Tale era la tempra di quell'animo, che al primo ribollimento della passione, il presente gli toglieva ogni senso del passato e dell'avvenire, e l'assorbiva tutto quanto.
      Partì come fuggendo da un nemico incalzante, ma il nemico gli cavalcava in groppa, gli stava addosso, non gli lasciava pace nè respiro.
      In quella furia di corso fra mezzo alle tenebre, sentendo ventarsi sul volto la fredda brezza notturna, gli parea di provar pure un qualche refrigerio: galoppava come un frenetico, non udendo d'intorno altro suono che lo scalpito del cavallo e il fischio dell'aria rotta impetuosamente che gli faceva svolazzare sulla fronte i capelli bagnati di sudore.
      Il generoso corsiere, colle briglie abbandonate coi fianchi sanguinosi, si slanciava furibondo, divorava la via senza vederla, galoppava per diritto, per traverso; smarrito omai ogni sentiero battuto, galoppava per colti, per lande, per boschi, saltando cespi, macchie e fossati, a rischio di fiaccarsi il collo contro il tronco di un albero, di cadere in una buca, in una gora. Il cavaliere, il quale nella rapidità di quel trascorrimento, nell'impeto forzoso dei sobbalzi e degli scrolli, sentiva, dirò così, la vita materiale che gli attutiva il senso doloroso della vita interna, non ristava dal cacciarlo colla voce e cogli sproni, che gli tenea crudelmente confitti nella carne; e smarrendosi colla mente in una certa ebrezza fantastica, desiderava con un senso voluttuoso di sprofondarsi, di sparir per sempre dal mondo, egli e il cavallo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484