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      - Una lettera di Marco? - disse Lupo, - Viva Marco! - e la vita gli pareva ancor più preziosa dacchè la riceveva in dono da quel signore. - Viva Marco! - gridarono anch'esse le sentinelle. - Viva Marco! viva Marco! - risuonò tutto intorno al di fuori.
      Intanto correvano fra la calca cento discorsi. - Che è? che non è? - È stato Marco Visconti che è venuto qui lui a liberare il condannato, il quale è un suo parente. - È quell'altro cavaliere che ha portata la lettera del Visconte che è suo parente di lui. - No, è stato lui proprio in persona, ed ha qui fuori del paese una buona mano di barbute de' suoi feudi; e l'Abate ha avuto di grazia a far a modo suo. - Vi dico che Marco ha mandato una lettera, come qualmente dovesse mettersi in libertà il prigioniero. - Non è vero. - Ma se l'ha detto adesso il padre Bonaventura. - Ma se non può stare! - Ma volete insegnarlo a me? -
      Tutti questi ed altrettali discorsi si volsero in un'acclamazione generale allorquando fu visto il liberato uscir del salotto tenendosi pel braccio suo padre che era instupidito dalla gioia: il tripudio, l'esultazione che si manifestò in quel punto per tutta la folla, avrebbe fatto onore alla bontà della più umana assemblea dei nostri tempi mitigati.
      Erano però le stesse persone accorse poco prima per veder morire il povero condannato, quelle che mormoravano pur ora del ritardo che mettevasi all'esecuzione: sì, quelle medesime; che volete? Non è già che coloro avessero propriamente gusto di vedere impiccare il povero Lupo, chè non sapevano chi si fosse nè quel che avesse fatto per meritar quella fine: volevano, che so io? essere scossi da qualche cosa di forte, di straordinario, e il loro intento venivano ad averlo ottenuto per un'altra via.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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