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      Ottorino, che sentiva come in quei primi momenti di paterna e filiale svisceratezza la presenza d'un terzo sarebbe stata di soverchio, camminava qualche passo innanzi, facendo sembiante di attendere a tutt'altro: ma dopo aver concesso quello sfogo che gli parve onesto, trattenendo un istante il cavallo, si lasciò raggiungere dagli altri due, e troncando ad entrambi in bocca le grazie che cominciavano a rendergli, disse a Lupo: - Bisognerà che ci affrettiamo, per essere a tempo alla giostra; ben sai che questo è il primo giorno, e tu mi vorrai ben servir da scudiere?
      - Senza fallo: e lo credereste? ci ho pensato anche là a Chiaravalle, e quella cerimonia che volean farmi mi scottava anche per questo che la mi rubava la consolazione di potervi prestar il mio servizio nella lizza!
      - Te lo volevan far loro a te il servizio quei padri garbati, ma per questa volta hanno dovuto riporne la voglia: e se avessi visto, muso arcigno e rincagnato che facea l'Abate al leggere la lettera di Marco! e' si scontorceva tutto come un pipistrello che si sente scottare dallo zolfo; e ti so dire che ci ebbi un gusto matto a vederlo dover ingoiar amaro, e sputar dolce.
      - Per altro, - diceva Lupo, - l'è stata una gran degnazione, una grazia troppo fuor d'ogni misura di quell'uomo: un Marco Visconti!...
      - È stato per amor del padrone, - entrava a dirgli Ambrogio, - per amor del padrone, che è andato a posta a pregarlo in compagnia di Bice.
      - Resto obbligato per sempre anche alle mani del Conte, - rispondeva il giovine un po' mortificato dal non potersi persuadere che Marco avesse proprio pensato a lui, come a lui, il che gli avrebbe dato un gran fumo, l'avrebbe gonfiato quel poco, - ma però, prima di tutto, bisognerà che vada a ringraziar Marco.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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