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      - È partito questa notte per la Toscana, - gli disse Ottorino.
      - Oh! me ne duole davvero, chè non so quel che avrei dato per l'onore di potergli baciar quella mano gloriosa, e assicurarlo che la mia vita sarà sempre per lui.
      Ambrogio nel sentire l'espressione di quella gratitudine così distinta, così fanatica per Marco, capì che suo figlio era ancora quel di prima, che non gli era uscito di corpo il diavolo guerresco, e abbassando il capo tutto malcontento disse in cuor suo: - Se neppur la forca lo può guarire, io non so più che farci. -
      Il figliuolo lesse, dirò così, quel pensiero sul volto corrugato di suo padre; gli dolse d'essersi lasciato trascorrere a dir cosa che avesse potuto dargli disgusto in quel momento, e volendo rimediarvi in qualche modo e dargli un testimonio della sua tenerezza filiale, senza entrare in quello su che non potevan esser d'accordo, senza parer di prometter cosa che non avea intenzione di mantenere, pensò un pezzo a quel che dovesse dirgli di più affettuoso, di più gradito; e finalmente scappò fuori a domandargli come stessero i falchi che avea lasciati a Limonta.
      Ottorino guardò in volto al suo scudiere; tanto strana e fuor di luogo gli parve una tal domanda in quel momento: ma il padre che non aveva mai potuto piegar Lupo a farsi parer buono il mestiere in ch'egli avea posto tutto il cuor suo, nel quale avrebbe voluto rilevarlo; che non l'avea sentito mai nominare di sua voglia un falcone, un logoro, tanto gli era in uggia quella caccia, appunto per gli sforzi che s'eran fatti per fargliela entrare in grazia, ora sentì vivamente tutto l'affetto, tutta la delicata tenerezza di quella domanda, e rispondendogli: - Stanno bene, tutti bene, - gli diè una stretta in un braccio, e si sentì gonfiar gli occhi.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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