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      Ogni baracca avea un cartello col nome del maestro fabbricatore.
      - Giacomolo, come vanno le faccende? - domandō Lupo ad un uomo pienotto e rosso in faccia, il quale stava dentro ad una di quelle tali botteghe, coi gomiti appoggiati sulla sbarra che ne chiudeva l'entrata, guardando oziosamente quelli che passavano.
      - Cosė, cosė, - rispose l'interrogato, ch'era Giacomolo Birago, uno de' pių riputati fabbricatori d'usberghi, - pel posto che m'č toccato e per la stagion che corre, fin qui non l'ho fatta male del tutto.
      - Hai poi mandata quella corazza ad Ottorino?
      - Sė, gliel'ho portata io stamattina, gliel'ho provata indosso, e torna una pittura; ti so dire che č un arnese da averne onore, una piastra a botta di pugnale temprata colle mani mie, e v'ho poi lavorati certi rabeschi d'oro innanzi al petto, che, non perchč sia mia fattura, ma, senti, per galanterie come questa, il Biassonno e Pier degli Erminulfi ed Estore Casato possono risciacquarsene la bocca.
      Intanto giunse un vecchio tutto chiuso in una schiavina color marrone, col cappuccio in capo, e il becchetto avvolto intorno al collo, e domandō al Giacomolo: - Maestro, vorrei un morione di prima tempra, col sottogolo, e che avesse la buffa inchiodata.
      - Intendete di quegli nodati sul viso e che s'aprono per di dietro?
      - Appunto.
      - Le son cose vecchie, ed io non ne tengo: il morione adesso si fa colla sua brava visiera da calarsi e da alzarsi a grado del cavaliere: se ne volete di questi ne ho delle migliori fabbriche, guardate qui, - e cosė dicendo s'avviava verso il mezzo della sua bottega; ma l'altro:


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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