Pagina (236/484)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Nel vasto campo che rimaneva aperto in mezzo allo steccato stava impostata su d'una colonna una mezza figura d'un guerriero armato, collo scudo sul braccio sinistro, e una grossa e salda lancia nella dritta; e contra quella figura andava a percuotere chiunque tenendo un cavallo a' suoi comandi avea vaghezza di far prova di sè, il che si chiamava correr la quintana, ed anche correre il saracino, dacchè il fantoccio si cominciò a formare e a vestire a foggia dei Mori: era a quei tempi, e fu ancora per vari secoli una festa popolare e una scuola d'armi insieme, nella quale s'avvezzano i giovinetti a ferire fra le quattro membra, come si diceva, vale a dire nel petto o nella testa dell'avversario, che erano i soli colpi tenuti buoni e leali. Le lance per chi voleva provarsi venivano somministrate dai giudici della quintana, ed eran tutte della stessa lunghezza e grossezza; e chi ne rompeva un maggior numero, e chi faceva il miglior colpo venia gridato vincitore.
      Ma il bello era quando il fantoccio non si colpiva giusto, chè scattava una molla, e per via di certi ingegni e contrappesi nascosti, si volgeva violentemente s'un perno menando legnate da orbi all'inesperto feritore.
      Al capo opposto della lizza, dirimpetto alla quintana, era piantato un altro trabiccolo che ci facciamo a descrivere. Sorgea da terra un grosso troncone che aggiungeva alle spalle d'un uomo di statura comunale(2); su quello era posta per traverso una trave raccomandata ad un perno di ferro, intorno al quale girava, volgendosi da ogni banda appena che fosse tocca.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Mori