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      Un uomo a cavallo correndo a tutta carriera dovea percuotere colla lancia contro uno de' capi della trave, e la maestria stava nel sapere schifar il colpo che la trave medesima girando veniva a dare col capo opposto. Era un giuoco nel quale si correva pericolo della vita, e che, al pari delle giostre e de' tornei, era stato proibito più volte dai vescovi, dal papi, e dai concili; ma vescovi, e papi, e concili predicavano al deserto.
      La macchina chiamavasi ariete, perchè le due estremità della trave solevan comunemente essere intagliate in forma d'una testa di montone, e si diceva correr l'ariete, come correr la quintana.
      Lupo erasi presentato ad Ottorino, gli avea allacciato indosso l'usbergo nuovo del Birago, ripassato a parte a parte con minuto esame ogni arnese, riveduto attentamente il cavallo, i bardamenti, l'armatura; e trovato tutto in punto, entrava nel padiglione degli scudieri piantato all'un dei capi della lizza, e di quivi stava guardando quelli che correvano la quintana. Ed ecco vede venire a quella volta un uomo vestito dal capo fino alle piante mezzo di rosso e mezzo di giallo, in guisa che veduto dal lato destro era tutto d'un colore, veduto dal sinistro di un altro: foggia che era comune a quei tempi; quello che però avea di non ordinario il soggetto di cui parliamo, era una fila di sonaglini d'argento che gli pendevano dalla berretta tutt'all'intorno, i quali dondolando tintinnavano ad ogni passo ch'ei dava.
      - Addio Tremacoldo, - disse il nostro scudiere, quando l'altro se gli fu tanto avvicinato ch'ei potè riconoscere in lui il giullare, dal quale erano state benedette le armi pel giudizio di Dio.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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