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      Piacque agli astanti quel tratto cortese, e tutti colmarono di lodi il prode e liberale trovatore, al quale fu di pieno accordo aggiudicato il premio della quintana: una spada coll'elsa d'argento.
      Intanto era giunto il Vicario imperiale Azzone in compagnia di Luchino e di Giovanni Visconti suoi zii, con una numerosa e splendida corte di baroni, di scudieri e di donzelli.
      Appena egli fu visto affacciarsi al pergolo, che si levarono qua e là alcune grida di: - Viva Azzone! viva il Vicario! viva il signor di Milano! - ma era una cosa fredda fredda; un romor sordo coperse tosto quelle voci e s'intese perfino in alcuni luoghi gridar chiaro e distinto: - Viva Marco! - tanto che Luchino, dopo aver dato un'occhiata in giro, accostandosi all'orecchio del nipote, disse: - Buon per noi che gli abbiam dato ricapito a tempo!
      Il Vicario imperiale era vestito d'un lungo e ricco robone di damasco fiorato, chiuso davanti con una fila di bottoncini d'oro. Una striscia d'ermellino non più larga di tre dita gli cingeva la fronte tenendovi sotto raccolto uno zendalo nero ricamato a stelle d'argento, due lembi del quale gli scendevano quadrati di qua e di là a mezzo orecchio, mentre il resto ricadeva all'indietro fino all'omero in forma d'un tôcco o d'un berretto: foggia signorile e vaga, che gli riquadrava il volto, e ne facea spiccare mirabilmente la naturale bianchezza.
      Umano e piacevole signore per natura, in quel tempo Azzone faceva maggior sfoggio di gentilezza e di cortesia per guadagnarsi la moltitudine, ch'ei ben capiva non essergli troppo affezionata: si versava con mezza la persona fuor del palco per rispondere ai saluti che gli mandavano i baroni e i cavalieri più vicini; salutava del capo e della mano ogni basso artigianello, ogni poca femminuccia che gli facesse segno di onore: moneta che ai grandi non debbe costar molto, e che presso ai piccoli par ch'abbia tanto valore.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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