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      Non si sentiva intorno uno zitto, tutti stavano in riverente e trepida aspettazione rivolti al trovatore; il quale aiutato da una flebile melodia del liuto, con voce non ben ferma da prima, ma che riusciva per ciò stesso più cara e più soave, incominciò:
     
      Bello al pari d'una rosaChe si schiude al sol di maggio
      È Folchetto, un giovin paggioDi Raimondo di Tolosa:
      Prode in armi, ardito e destro,
      Trovator di lai maestro.
     
      Chi lo vede al dì di festaSu un leardo pomellato
      Fulminar per lo steccatoCon la salda lancia in resta,
      A San Giorgio lo ragguagliaChe il dragon vince in battaglia.
     
      Se al tenor di meste noteSciorre il canto poi l'intende,
      Quando il biondo crin gli scendeIn anella per le gote,
      Tocco il cor di maravigliaAd un angiol l'assomiglia.
     
      In sua corte lo desiaQual signor più in armi vale,
      Non è bella provenzaleChe il sospiro ei non ne sia;
      Ma il fedel paggio non amaChe il suo sire, e la sua dama.
     
      D'un baron di Salamanca
      Essa è figlia, e Nelda ha nome:
      Nero ciglio, nere chiome,
      Guancia al par d'avorio bianca;
      Non è vergine in Tolosa
      Più leggiadra o più sdegnosa.
     
      All'amor del giovinettoLa superba non s'inchina.
      Sente ancor della fucinaFra sè dice con dispetto:
      No, sì basso il cor non poneLa figliuola d'un barone".
     
      Piange il paggio e si lamentaNotte e dì sulla mandóla;
      Di lei canta, di lei sola,
      La sua cobla e la sirventa:
      La quintana corre a prova,
      Lance spezza, e nulla giova.
     
      Ond'ei langue come fioreIn sul cespite appassito:
      Smunto il viso, n'è smarritoDelle fragole il colore;
      E si spegne a poco a pocoNe' cerulei sguardi il foco.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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