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      Ed ecco ad uno squillo di tromba uscir dai due padiglioni bianchi dodici cavalieri colla sopravveste bianca, e le piume bianche nel cimiero, ed altrettanti scudieri, divisati di verde; mentre dai due padiglioni opposti uscivano egualmente dodici cavalieri e dodici scudieri, quelli colla soprasberga e le piume rosse, questi coll'assisa gialla.
      Capo della squadra de' bianchi era il nostro Ottorino; un prode giovane milanese detto Sacramoro guidava la compagnia dei rossi: le due fazioni che dovean combattere insieme ad armi spuntate o cortesi, si vennero incontro a passo lento e fermaronsi ambedue sotto al palco del Vicario, il quale fu salutato da tutti i cavalieri coll'abbassar delle lance che tenevano sulla coscia.
      I palafreni, riccamente bardamentati, aveano un corno di ferro in mezzo alla fronte, e più file di sonagli appiccate ai pettorali. Ogni cavaliere portava nello scudo i suoi propri colori dipinti a doghe, a onde, a scacchi, a traverse, mescolati in molte e capricciose maniere, colle insegne ciascuno del proprio casato e le imprese sue, ond'essere riconosciuto particolarmente nella mischia. Oltre di ciò avean tutti uno zendalo, quale d'uno, quale d'un altro colore; e chi lo portava stretto ai fianchi, chi a bandoliera, e chiamavasi il favor della dama, perchè era o faceva sembiante d'essere un dono della persona amata, alla quale, secondo le regole della cavalleria, ciascuno dovea rivolger la mente prima di commettersi a qualche rischio, di dar principio a qualche impresa, per ritrarne virtù di coraggio da poterne uscir con onore.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Ottorino Sacramoro Vicario