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      Abbiam detto che erano veri presentuzzi da innamorati, o facean viso di esserlo, perocchč non tutti i cavalieri saranno stati sempre sempre innamorati, non tutti gli innamorati avranno trovata la dama della loro opinione; ma siccome a quel tempo la mancanza d'amore in un cavaliere era come una villania, direi quasi una irreligione, chi non era innamorato facea le viste d'esserlo, chi non avea la dama che gli cingesse i suoi colori, se li cingeva da sč, e lasciava che i curiosi vi mullinasser sopra.
      A tanto era venuta crescendo nei cavalieri la pazzia, la febbre, la rabbia dell'amore, e la picca di non la voler ceder d'un dito su questo particolare a nessuno, che non era cosa rara di trovar qualche balocco tutto vestito di ferro, esso e il cavallo, andar girone d'uno in un altro paese, d'una in un'altra corte, disfidando a battaglia ogni cavaliere in che s'abbattesse, se non accordava di bel patto che la dama da esso amata era la pių vaga e la pių virtuosa, e l'amor suo per quella il pių sfegatato del mondo; bietolone senza sale, che per quel sugo gettava da cavallo, storpiava, ammazzava altri bietoloni suoi pari, finchč non s'abbatteva in un muso pių duro che con un buon colpo di spada o di lancia non facesse l'opera pia di cavargli il pazzo del capo mandandolo a rincalzare i cavoli.
      Allo spegnersi della cavalleria codesto bel vezzo di far dello spasimato a credenza, passō, almeno qui da noi, nei poeti; di qui quello sciame, quella sfucinata, quella maramaglia di freddolosi, incresciosi, piagnolosi petrarchisti, che innondarono per tanti anni l'Italia di sonetti e di canzoni sugli occhi, sulla bocca, sul piede, sulla mano, sulle chiome e che so io, di tante e tante tiranne tutte pių belle l'una dell'altra.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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