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      - E perchè mo, - tornava a domandare la donna, - perchè quei due là, - e accennava nella fila dei bianchi, che compiuto il giro s'era schierata innanzi ai padiglioni, - portano lo scudo d'un sol colore senza fregio nessuno?
      - Questo significa che sono cavalieri nuovi; finchè non sia passato un anno dal dì che sono stati creati, o non abbian fatto qualche prodezza, devon portar lo scudo a quel modo, d'un solo colore, e tutto liscio. Ma zitto, chè s'incomincia.
      Una tromba diede infatti il primo segno, e i cavalieri schierati di fronte ai due capi della lizza, abbassarono tutti insieme le visiere; sonò il secondo segno, e posero le lance in resta; al terzo, l'una schiera gridando: - Sant'Ambrogio e Ottorino! - l'altra: - San Giorgio e Sacramoro! - si precipitarono in un punto l'una contro l'altra a tutta carriera, e scontraronsi nel mezzo della lizza col fragore della tempesta. Nel primo impeto lance spezzate, cavalieri buttati di sella, cavalli che si danno al petto l'un contro l'altro, che s'intrecciano insieme le zampe davanti, che si mordono, che scappano galoppando per l'arena cogli arcioni vôti e le briglie pendenti; grida di gioia, di furore, d'incoraggiamento e di comando; una confusione, un viluppo, in mezzo a un nembo di polvere che vela, che avvolge, che confonde ogni cosa: poco dopo, staffieri che accorrono a pigliare i palafreni scappati, scudieri che aiutano i loro signori a rimontare in sella, sergenti che cavan fuori della mischia qualche malconcio; e intorno allo steccato, grida, plausi e domande degli spettatori incerti da qual parte penda la vittoria.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Ambrogio Ottorino Giorgio Sacramoro