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      I giudici del campo tolsero due lance appuntate, coll'aste di sodo e pesante cerro, le ghiere d'argento e i calci ferrati; e poi ch'ebbero con uno stretto e squisito esame riconosciuto che si pareggiavano pienamente fra loro nella lunghezza, nel peso, nella qualità del legno, del ferro e dei guernimenti, ne diedero una allo sfidatore, l'altra allo sfidato, accennando ad ambedue che facessero il giro di tutta l'arena.
      I due competitori incamminandosi del pari, cominciarono a dar la volta intorno, rasentando i palchi e lo stecconato, con dietro ciascuno il proprio scudiere. Lo sconosciuto, sempre chiuso nell'armi, moderava con aria agevole e non curante il poderoso corridore, che imbizzarrito dallo scoppiar degli applausi s'impennava, spiccava salti, e facea spumare il freno sbuffando e tempestando; egli in tanto si tenea fermo e ritto sugli arcioni con una posa sicura, con un garbo severo e pieno di natural leggiadria.
      Lupo, che gli cavalcava dietro a pochi passi, ne osservava maravigliato la decente larghezza delle spalle, la bella proporzione di tutte le membra, l'ardito portar del capo e della persona, e non poteva a manco d'entrare in qualche apprensione pel suo signore. Notandone poi accuratamente le armi, s'accorse che il morione avea la barbuta inchiodata, e lo riconobbe per quel medesimo ch'era stato comperato il giorno innanzi da quel vecchio dalla schiavina color marrone.
      Ottorino galoppava al fianco di quel grande, colla visiera alzata, fuor della quale si vedeva scappar qualche ciocca dei suoi neri capelli e scendergli sulla fronte piena di onesta giovanile baldanza.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484