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      Un colpo così assestato, così magistrale, non potè esser valutato dagli spettatori, i quali reputandolo fatto a caso, cominciarono anzi a mormorare che si fossero corse le lance in fallo. Ma i due competitori trascorsero via volando, ciascuno dalla sua banda, e, voltati poi rapidamente i cavalli, come fur giunti ciascuno al punto dal quale era partito l'avversario la prima volta, si tornarono incontro furiosamente, a precipizio. Il cavaliere sconosciuto veniva anch'egli questa fiata di tutto corso, stringendo con tanta forza le ginocchia, che il robusto stallone gli si piegava sotto e si vedeva aprir la bocca per riavere il fiato. Scontratisi in quell'impeto a mezzo della lizza, Ottorino ruppe la lancia alla penna dello scudo del suo competitore che non si piegò un dito sulla sella, ma ferì a un punto il giovane alla visiera, e lo portò netto sul terreno un trar di lancia lontano dal cavallo, il quale, tostochè si sentì scariche le groppe, s'arrestò sulle quattro zampe, e volgeva la testa indietro come aspettando che il padrone tornasse a montarlo.
      Ma il padrone stava disteso sulla sabbia colle braccia aperte senza dar segno di vita. Lupo balzò ratto in terra, gli aperse tremando la visiera, e trovò che gli usciva sangue dalle narici, dalla bocca e dagli orecchi. Accorsero due sergenti, e trattogli l'elmo, lo portarono a braccia fino alla tenda: le gambe gli cadevan giù spenzolate, il capo gli ondeggiava ad ogni passo rovesciato all'indietro coi capelli fluttuanti e insanguinati.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Ottorino