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      Il primo accordo fu quello di chiarirsi risolutamente contro il Bavaro, e di contrastargli a tutto potere il territorio. Per questo modo il nuovo signore di Milano trovò salute nelle stesse vie che erano state preparate alla sua perdita; perocchè, fatto amico della Chiesa, tutte le forze che da tanto tempo gli si venivan suscitando contro, si trovarono in un tratto fra le sue mani preste alla sua difesa.
      Queste cose eran già tutte note a Marco fin da prima: la lettera di Lodrisio l'informava ora come Milano s'andasse fortificando in fretta e in furia per resistere all'imperatore; come Monza, Lodi e molte altre città e molti castelli avessero mandato promettendo di volersi lasciar distruggere dai fondamenti piuttosto che aprirgli le porte; e che, quanto al primo disegno, non c'era per allora da farvi su alcun fondamento, dacchè ormai tutti i partiti s'erano ristretti intorno ad Azzone per resistere al nemico comune: stesse egli sull'ali senza dichiararsi per nessuno, cosicchè, vedendo prevaler le forze dell'imperatore, col ricondurgli le sue bande del Ceruglio potesse farselo amico, ed ottenere da lui il vicariato ch'egli avrebbe tolto senza fallo al nipote in pena della sua ribellione; e se il Bavaro avesse avuto la peggio, si facesse merito col Vicario vincitore, dell'aver distratte le forze del Ceruglio, sì che non gli venissero addosso nelle maggiori strette.
      Lo confortava a star di buon animo, chè i loro maneggi non erano scoperti, chè la riconciliazione del clero col Vicario era ben lungi dall'esser piena e sincera; e lo veniva stimolando a tener vive le pratiche col cardinal Bertrando del Poggetto, con Avignone e con Firenze, per aiutarsi, quando che fosse, delle loro forze al ripigliar dei fili allentati sì, ma non rotti, della congiura.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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