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      - Sì, mi diede egli stesso le lettere che vi ho recate.
      - E in che termini si trova egli col Vicario?
      - In quelli ch'ei vuole: è tutto cosa sua: pensate voi, è a lui che sono state affidate le fortificazioni al ponte dell'Archetto, che, per quel che dicono, è il lato più importante della città.
      - Dunque i Milanesi sono risoluti di mostrar il viso davvero?
      - Il viso e i denti, e fan di buono.
      - Dimmi un po', come stiamo ad armi?
      - Si sono spazzate tutte le botteghe degli armaiuoli; giorno e notte si lavora a far picche ed aste; presto poi doveano essere in ordine sedici manganelle, otto petriere grosse, non so dir quante stondegarde, e quanti battifredi; si stanno fortificando i bastioni e vi si piantano nove grosse torri di legname; ogni porta ha spiegata la sua bandiera: al toccar della campana grossa della Signoria, tutti quelli che possono portar l'armi devono accorrere al loro rione, e in manco d'un'ora quarantamila combattenti sono sulle mura.
      Marco a queste parole si sentiva tutto infiammato, gli scintillavano gli occhi, gli rideva il volto di gioia e di coraggio. Egli sapeva meglio d'ogn'altro che quella uniformità di voleri, quello stesso fuoco che animava egualmente tutti i cittadini, avrebbe (se qualche cosa potea pur farlo) dato fondamento alla popolarità del Vicario, e disordinato sempre più la trama ch'egli preparava da tanto tempo con sì ostinata sollecitudine; ma il pregio del suo paese natìo, l'onore della sua dolce Milano, andava innanzi ad ogni cosa.
      - Senti, - parlò egli al suo castellano: - dirai a Lodrisio, già glielo scriverò, ma diglielo non di manco, che badi a rinforzare i bastioni di Porta Ticinese, dove sono i mulini presso al Tesinello, affinchè la città non abbia a mancar di pane; che faccia chiudere e ingorgare le acque tanto che passino sopra al ponte di Sant'Eustorgio; e tu fa che il mio castello di Rosate si trovi preparato a sostenere un assalto, se mai venisse il ticchio al Bavaro di bazzicarvi d'intorno.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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