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      Il castellano non s'arrischiò di replicar parola; Marco dopo un momento gli domandava con più calma:
      - E il conte del Balzo è egli tuttavia a Milano?
      - È a Milano: voleva ben egli battersela a Limonta tosto che usciron le prime voci dell'avvicinarsi del Bavaro, e del pericolo d'un assedio; ma venne fuori un bando che nessuno potesse abbandonar la città; si temette che coll'andarsene de' signori il popolo non avesse a scoraggiarsi.
      - E dunque Ottorino, - tornava a dir Marco, - non l'ha più veduta quella casa?
      - Dal dì della giostra in poi potete star sicuro che non vi ha messo piede: vi dirò, che per adempire agli ordini che m'avete lasciati, mi sono guadagnato uno scudiere del Conte; mi costa un occhio del capo il briccone, ma via, mi serve poi da amico, e non si volge sossopra una mano in quella casa che io nol risappia un'ora dopo.
      Marco non rispose, e il mariuolo tirava innanzi: - Se però voleste assicurarvene un tratto... e pigliarvi una soddisfazione... potete fidarvi di me... so come vanno manipolati certi intingoli... E anche Lodrisio m'avea giusto incaricato di dirvi... che la vostra rottura con Ottorino non può a manco di tenerlo in sospetto... che insomma quel giovane... sa troppe cose... è troppo pericoloso... e bisognerebbe... farlo tacere.
      Il Visconte, che s'accorse dove andava a parar quella velenosa insinuazione, rispose con un freddo sorriso: - Dirai a Lodrisio che dorma tranquilli i suoi sonni, che Ottorino lo conosco, ed entro io mallevadore della sua fedeltà in ogni tempo, in ogni fortuna.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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