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      Lupo parlò al Vinciguerra della disgrazia di quell'uomo che avea perduto l'unico figliuolo in un naufragio, ed era rimasto come stordito dalla gran passione; nello stesso tempo il curato, avvicinatosi a Michele, gli narrava tutto quello che il Vinciguerra avea fatto per Lupo, allorquando questi era a Chiaravalle in man sua per esser fatto morire: tali notizie, avute ad un tempo da questa e da quella parte, piegarono tosto ad un senso di benevolenza gli animi, naturalmente buoni, tanto del barcaiuolo, quanto del soldato, i quali scontrandosi di lì a un momento nel mezzo della sala, senza dir pure una parola, si gettarono l'un l'altro le braccia al collo, e si tennero stretti un bel pezzo con grande consolazione di tutti quanti.
      Il conte del Balzo fece venire alcuni fiaschi d'un buon vin bianco; e la novella pace fu sigillata dai brindisi che si ricambiarono a gara le due brigate: il vino era di Limonta; e le lodi che esso ottenne dalle lance del Monastero avrebbero avuto la virtù di tor ogni ruggine dal cuore di quei montanari, se ve ne fosse rimasto alcun avanzo; ma non ve n'era punto.
     
     
     
      CAPITOLO XXI
     
      Il Conte assegnò al pievano di Limonta una camera a parte, e volle che sedesse ogni giorno alla sua mensa: chiamò pure in famiglia la moglie del barcaiuolo, la nostra Marta, la quale fu allogata nel quartiere occupato da Ambrogio, dov'ella accudiva alle faccende della casa in compagnia di quattro o cinque altre donne fatte venire apposta per quella straordinaria manifattura di rizzare ed acconciar letti, far bucati, cuocer minestre, rigovernare stoviglie per tanta gente.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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