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      La povera donna, in mezzo a quel gran da fare, era sempre col pensiero fra le sue montagne, non le si toglieva mai dalla mente il piano limpido e vasto del lago, la striscia argentina, serpeggiante fra i massi, del fiumicello, ch'era solita mirare da una finestra: ogni mattina destandosi si figurava di trovarsi nella sua capanna, di veder quelle brune sue muraglie, il desco che vi sorgeva nel mezzo, quei remi coricati per terra, quelle seggiole, quel letticciuolo... e insieme a tutte quelle care e pur dolorose memorie, un'altra ne sorgea mai sempre, più cara, più dolorosa di tutte: dolorosa ahi troppo! assiduamente, indicibilmente dolorosa al cuore d'una madre; ma non era più quello spasimo, quel coltello dei primi giorni: il tempo, l'umile confidenza nel Signore, aveano sparso qualche balsamo sulla sua ferita; il trovarsi ora la poveretta vicina al suo Michele, dopo d'aver palpitato in segreto d'esserne divisa, il potergli prestare ella di sua mano i servigi consueti, l'adoprarsi che faceva anche per gli altri suoi compatriotti, colla pia persuasione di concorrere anch'ella, come poteva, alla difesa del proprio paese e della fede; tutto questo le dava un certo riposo al cuore, nuovo, nuovo affatto dopo il tremendo giorno della sua disgrazia: essa trovava pure nella faccenda di tutto il giorno, sentiva, dirò così, uscir dalla fatica, dalla stanchezza medesima delle membra, un ristoro inusato, una tal quale placida malinconia che avea pure qualche dolcezza: pregava, e la sua preghiera era più molle, più affettuosa; piangeva, e il pianto non era arido come prima; le lagrime le scorreano placide ed abbondanti, e parea che le togliessero un peso dal cuore. che la ristorassero tutta quanta.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Michele