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      La festa che se ne fece in Milano è più facile immaginarsela che descriverla; si tenea per fermo che quel singolare avvenimento fosse l'effetto di una trama ordita di lunga mano coi guelfi di Toscana affine di pigliar il falso imperatore nel mezzo; e questa opinione giovò ad accrescere sempre più la confidenza e il coraggio de' Milanesi.
      Passa un giorno, ne passano due, ne passano tre, giungono da Monza gli avvisi che il Bavaro v'era giunto dinanzi, e che gli erano state chiuse le porte in faccia: si esercitano giorno e notte le sentinelle e le ronde, sono disposti esploratori e drappelli di truppa di luogo in luogo, giorno e notte si lavora a furia a compier le macchine e le fortificazioni: vengono oggi, vengon domani; ed ecco il ventun di maggio comparir da lontano gli stendardi imperiali; ecco una infinità d'uomini e di cavalli, un traino maraviglioso di carriaggi e di salmerie.
      In quel tempo Milano era compresa entro il giro d'una fossa stata già scavata più d'un secolo e mezzo prima, per fortificar la città contra Federico Barbarossa, che è la fossa medesima nella quale, molto tempo dopo quello in cui ci troviamo colla nostra storia, vennero introdotte delle acque navigabili, e prese il nome di Naviglio. Dove al dì d'oggi sono i ponti, allora, voglio dire nel 1329, erano le porte principali e le postierle della città.
      L'imperatore pose dapprima il campo al ponte dell'Archetto, poscia si avanzò verso la postierla di Sant'Ambrogio, ed egli colla sua corte prese ad abitare il monastero di San Vittore, che rimaneva fuori del recinto della città, giusto dirimpetto alla detta postierla.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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