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      Vien la notte: i nostri montanari erano sparsi lungo il terrapieno che tirava verso Porta Comasina; Lupo stava in cima della torre a canto della postierla guardando; dopo molto aspettare vide finalmente comparire un lume sul campanile del convento di San Simpliciano: era il segnale inteso, al quale s'affrettò di rispondere schiudendo una lanterna cieca, e posandola per un momento fra due merli della torre; ciò fatto, cala giù nell'altro piano ove dormiva Ambrogio suo padre, Michele il barcaiuolo, e quattro altri Limontini, e dice loro: - Su, che siamo a tempo. - I chiamati si levano, corrono alle feritoie, stanno in orecchi: tutto tace da quella banda, e non s'ode che il rumor dei passi di due sentinelle che vegghiavano al basso della torre. Di lì a qualche tempo si fa sentire un fragor sordo che viene innanzi, è un fragor di ruote e di cavalli.
      - Diavolo! - disse Lupo, - par che sia un carro.
      - È un carro senza dubbio, - rispose Ambrogio.
      - Che animali di villani! - riprese Lupo, - c'era mo necessità di venir con un carro e far tanto fracasso? non potevan portarla a spalle la roba? o alla peggio caricarne dei muli?
      L'aria era buia, sicchè la vista non potea tirare più d'un venti passi: un uomo s'avanza sull'orlo della fossa, batte tre volte le mani con una certa misura, e dice: - Sant'Ambrogio.
      - Per chi? - gli domandò Lupo.
      - Per Luchino e pel paese, - replicò il primo.
      - Il segnale è quello; - disse sommessamente il figlio del falconiere, e levando poi la voce un po' più: - Perchè venir con un carro e rischiare di farsi cogliere dalle ronde tedesche?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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