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      Ella non era mai stata così tenera, così carezzevole come in quei giorni; le tornava dinanzi con un senso profondo di carità tutto quello che la madre avea fatto, avea patito per lei in tanti anni, rilevandola da bambina fino a quel termine. Provava un acuto rimordimento nel rammentare, ora le sue sdegnosaggini infantili con che solea amareggiarla, prendendo rigoglio della cieca condiscendenza del padre ad ogni suo capriccio; ora gli ultimi giorni passati a Limonta in compagnia di Ottorino, quand'ella pel nuovo amore fatta bizzarra, e ritrosa al consigli del materno zelo, avea contristato quella povera madre colle sue stranezze, colla sua dispettosa caparbietà.
      Vinta dall'amaritudine di tali memorie, l'amorosa fanciulla le si gettava al collo; e innondandola di lagrime pregava che le perdonasse. Spesse volte, provando quasi rimorso di quel grande amore che aveva posto in Ottorino, e che le pareva, dirò così, sottratto a lei, sentiva il bisogno di parlare del tanto bene che pur le voleva, non sapea spiccarsele d'attorno, non saziavasi mai d'accarezzarla, di dirle mille affettuose parole.
      Ma il momento aspettato con tanta trepidazione, con uno struggimento indefinibile di terrore e pur di desio, si veniva sempre più approssimando. Già il Bavaro, disperato di poter riuscire a nulla di bene prolungando l'assedio, calato a certi accordi con Azzone, avea levato il campo. A poco a poco uscivano da Milano per recarsi alle loro terre, ai loro castelli, le bande paesane che erano accorse per difendere la città nei giorni del pericolo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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