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      - La conclusione fu che sarebbero partiti anch'essi in compagnia dei loro paesani.
      Dunque, come dicevamo, la povera donna era venuta col fagotto delle sue poche robucce sotto al braccio per tor commiato dalla famiglia del Conte. Fece ella riverenza al padrone di casa, e baciò la mano alla padrona, la quale le rispose colle più manierose dimostrazioni d'affetto, che avevano tanto maggior valore in quel tempo, in cui le condizioni diverse della società erano assai più distinte che nol siano ai nostri giorni; in un secolo in cui l'opinione, le usanze, le leggi parea che non permettessero nessun agguaglio tra gentiluomini e plebei, come se veramente fossero impastati di una diversa creta.
      La Contessa avea già consegnato segretamente al pievano un buon pugno di ambrogini d'argento perchè fornisse di tutto il bisognevole la famiglia della povera Marta, con quella discrezione e quella modestia che avrebbe saputa migliore, egli che conosceva il costume dilicato e schivo dei suoi montanari, e il carattere singolarmente riguardoso e tenero della donna, paga, non senza una tal quale alterezza, della sua casta povertà.
      Infine Marta s'accostò a Bice, e faceva l'atto di voler baciar la mano anche a lei; ma essa, ritraendola dolcemente indietro, gliela pose invece sopra una spalla, e: - Addio, buona Marta, - le diceva, - ricordatevi di me, che mi avete portata in collo tante volte quand'era piccoletta, e raccomandatemi al Signore: addio. - Ciò detto si volse da un altro lato, talchè quella stava per andarsene: ma tutto ad un tratto la fanciulla, vinta dalla passione, tornò verso la vecchia, e levandole in volto que' suoi grandi occhi cilestri pieni di pianto, esclamava: - Domani, quando vedrete spuntare di lontano la torre del castello, salutatela per me.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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