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      La nostra brigata camminò un gran pezzo in silenzio sulla via che mena a Sesto Calende. Finalmente lo sposo mise una mano sul collo del mansueto ubino, cavalcato da Bice, e, non cessando dall'andare di chiuso trotto, le diceva: - Ti ricordi, vita mia dolce, di quelle ore che abbiam passate insieme sullo scoglio di Morcate? Tu eri seduta fra tuo padre e me, una tua mano era abbandonata fra le mie mani... Fu allora che m'entrò in cuore la prima speranza di poterti un giorno possedere; quante contrarietà! quanti dolori da quel tempo in poi! ma ora sei mia, mia per sempre! Oh la dolcezza ineffabile di queste parole! Io non ho altro bene che te: con che fede, con che amore voglio consacrarti tutta questa vita, per far men duro un destino che hai avuto il coraggio di accomunare al mio!
      Con queste ed altrettali amorevolezze veniva il giovane sfogando la deliziosa piena dell'animo. Bice, tenendo gli occhi dolcemente levati in volto allo sposo, stanca per tanto affanno patito, senza aver vigore bastante per avvertire a parte a parte il significato di quelle affettuose parole, ne accoglieva però, dirò così, il senso totale, in quella guisa che apprende il suono d'una dolce melodia uno che sia mezzo fra il sonno e l'esser desto: e in fatto la fanciulla trovavasi in uno stato, che, com'ella ebbe a dir dappoi, le parea veramente di sognare.
      Andarono innanzi fino a Gallarate, dove si smontò ad un albergo per farvi una posata di qualche ora; ed ecco arrivar un corriere che cerca d'Ottorino e gli consegna una lettera.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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