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      - Sentite, - le disse finalmente il fratello di Lauretta, - se me ne date licenza, anderò io a Castel Seprio a vedere, o vi spacceremo uno dei due scudieri di vostro padre.
      - È meglio che ci vada tu, - rispose Bice, - fa ch'ei venga senza fallo: a ora che torniate sarà sera, e tu gli farai scorta. Vedi su che croce mi lasci! gli dirai... no, non angustiarlo per me... certo ch'egli non avrà potuto far altrimenti: digli solo che venga in tua compagnia, che venga in ogni modo: pregalo, pregalo in mio nome a non fallirmi di tanto. - Lupo uscì, ed ella andandogli dietro fin sull'uscio: - Ricordati, - ripeteva, - ricordati di non partire senza di lui, - e vistolo dalla finestra ch'ei se ne andava, gli accennò col volto per inculcargli ancora quel che gli avea già raccomandato a voce.
      Dopo non molto si fe' sera: aspetta ancora, aspetta un gran pezzo; finalmente si sentì il rumore d'una cavalcata. Bice corse al verone gridando: - È qui, è qui; - e pel commovimento della subita gioia poteva appena avere il respiro. Un drappello d'uomini a cavallo giunge nell'albergo, s'ode un fruscio di passi venir su dalle scale. - Siete Ottorino? siete voi? - diss'ella facendosi incontro a chi veniva. Ma non era desso: al lume d'una lucerna riconobbe invece uno degli scudieri di suo padre, il quale si teneva per mano quell'uomo che avea portata la lettera, e che era poi partito con Ottorino; colui, dopo essersi chinato profondamente innanzi a Bice, le disse che veniva dal Seprio, dove avea lasciato lo sposo di lei sano e salvo; ch'esso non le avea mandato a dir nulla prima d'allora, sperando sempre da un momento all'altro di potersi sbrigare, e venir in persona come aveva promesso; che oramai vedendo che gli sarebbe stato impossibile di spicciarsi di là prima del mattino vegnente, avea spacciato lui, con una scorta di sei uomini, per accompagnarla tosto a Castelletto in compagnia dell'ancella e dei due scudieri.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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