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      - Lasciando poi il contegno e il tuono di dignità e di cerimonia, con cui s'eran ricambiate quelle quasi formole d'omaggio prestato e ricevuto, la fanciulla assunse un fare più disinvolto, più naturale, e gli domandò:
      - Ditemi un po', castellano, vi pare ch'egli possa star molto ancora a giungere? avrete inteso ch'egli è andato fino al Seprio.
      - Lo so, e so pure che quelli che vi hanno scortata fin qui hanno risposto assai male all'onore cui furono sortiti: ma non vi date pensiero, madonna, lasciate fare a me; saprò dar loro tal ricordo...
      - No, no, - interruppe Bice, - non voglio che abbiano a provare sconcio alcuno in grazia mia; ve lo comando espressamente: tutto quello che hanno fatto, l'hanno fatto a fin di bene, per obbedire al loro signore e mio. E se anche... se avessero... trasceso i termini... via, non voglio che se n'abbia a far parola mai più!
      - Come? - proruppe il Pelagrua in atto di maraviglia e di sdegno, - come? che vi fosse stato alcuno tanto temerario?... mi si fa duro a crederlo... Io non parlava che di quella loro storditezza imperdonabile nell'avervi fatta smarrir la via; ma se mai, se qualche miserabile... chiunque egli sia, poveretto lui!
      - Oh! quanto a questo, - saltò su Lauretta, - vi prometto io, che la figlia del conte del Balzo non fu mai avvezza... - Ma le parole le furon rotte in bocca da un'occhiata severa lanciatale dalla padrona.
      Il falso castellano, simulando d'esser tutto compreso d'orrore: - Permettete, - diceva a Bice con una voce che parea soffocata mezzo dall'ira per l'eccesso sospettato, mezzo dalla riverenza per la persona che gli imponeva di non farne caso, - permettete, madonna; è per l'onore del castello.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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