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      Intanto la folla s'era fatta grande sotto al portico; e beato chi, a furia d'urtoni e di spinte, potea farsi largo tanto da cacciarsi sotto una finestra che dava nella sala, per salire l'uno sulle spalle dell'altro, e vedere un momento i signori.
      Alcuni dicevano che gli arrivati fossero gli sposi; alcuni assicuravano che gli sposi erano ancora in viaggio, e tutti volevano accertarsi del fatto cogli occhi propri; ma il fatto non era mai bene accertato, perocchè v'avea pur di quelli, che, veduta Ermelinda per la prima volta a traverso le vetrine, così alla sfuggiasca, fra gente e gente si ostinavano a sostenere ch'essa non era altrimenti la madre della sposa, ma bensì la sposa stessa in persona; e si faceva un gran baccano per il sì e per il no; e qual gridava: - Viva il conte e la contessa del Balzo; - quale: - Viva Ottorino, viva Bice, viva gli sposi.
      Ermelinda, sturbata, contristata da quel festoso chiasso, pregò il castellano che mandasse in pace tutta quella gente. Egli uscì a darne il comando, e in un momento tutti i vassalli se ne andarono pei fatti loro, quali sperdendosi sotto ai portici, pei corritoi, pei cortili interni, quali avviandosi fuori della porta; e non rimasero nella corte che i giullari, che potevano essere una decina. Questi, sebbene fossero stati albergati e pasciuti largamente tutto il tempo ch'eran ivi dimorati aspettando gli sposi, non mostravano però d'aver voglia d'andarsene colle mani vôte, ed aspettavano di essere accommiatati, secondo le regole del tempo, con un qualche presente.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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