Pagina (371/484)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Bisogna venirne a un costrutto; cavarne le mani.
      Ecco che innanzi all'ultimo bere vien posto sul desco un pavoncello arrostito; era una vivanda riserbata ai soli banchetti cavallereschi, ma il fattore, in confidenza, fra amici e parenti, il dì della festa non si facea scrupolo di quel po' di contrabbando per far onore ai suoi ospiti.
      - A me, - disse il Tremacoldo, - tocca al giullare a trinciare il pavone, chè noi godiamo dei privilegi della cavalleria anche non essendo cavalieri, - e nel dir questo si trasse da lato il pugnale di nuovo acquisto e lo piantò nel corpo del nobile animale, che stava nel mezzo della tavola, come per pigliarne possesso. Gli occhi di tutti i commensali si rivolsero verso quell'arme, di cui brillava in alto il manico d'argento, e sotto a quello la porzione della lama non confitta nella carne, la qual lama si vedea distinta di ghirigori dorati: i soldati si guardarono in faccia l'un l'altro, e vi fu chi disse a voce spiegata: - Tal e quale.
      Allora il padrone di casa, facendo d'occhio ad uno de' suoi convitati che gli stava dirimpetto:
      - A proposito, - disse, - che è avvenuto di quei due merlotti?
      - Il montanino, - rispose l'interrogato, - l'abbiamo ancora in muda qui nella rocchetta, l'altro s'è cambiato di gabbia, ma penso che non vorrà durarla gran fatto a cantare.
      - Ho capito -, disse il Tremacoldo in cuor suo, ma non fece sembiante di nulla.
      Finito il banchetto, e tolte le mense, i soldati invitarono il novello ospite e gli altri commensali a berne un fiasco in compagnia, al castello, che non era lungi più che un trar di mano.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Tremacoldo Tremacoldo