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      .. Basta, dopo che abbia scritto a Lucca ci riparleremo, e si vedrà quel che conviene di fare, - conchiuse Lodrisio. Scrisse, pigliò tutti i concerti, e quando fu verso sera, il castellano di Rosate, precedendolo per certi andirivieni segreti d'anditini e di corridoretti, lo condusse in una cameraccia oscura, d'onde traguardando per alcuni fessi inavvertiti, si poteva spaziare coll'occhio per tutta la sala entro la quale Bice era solita ridursi in compagnia della fidata ancella.
      Stavasi allora la sposa d'Ottorino abbandonata su d'un ricco seggiolone a bracciuoli, in atto languido e stanco, sorreggendo con una mano bianchissima il volto smorto, che si chinava lentamente su quella. Una sottil veste schietta, candida come la neve, le stava indosso tutta allentata e cascante: e sotto il volume delle intemperanti pieghe di quella, svanivano le belle forme delle membra che solevan già riempirla, e spiccarvi dentro ben tornite e baldanzose.
      Le lunghe sue chiome bionde, spartendosi per mezzo la fronte, le contornavano, le raccoglievano la faccia, che fra il pallido di quell'oro natio spiccava per una bianchezza fredda, uguale, diffusa; non consolata dalla più lieve fioritura di vermiglio, fuorchè ai contorni delle labbra, suffuse pure d'un roseo scolorato.
      Ma quanto v'avea di più notabile in quel volto eran gli occhi: quegli occhi cilestri grandissimi, che di sotto ad un fondo di soavità e d'innocenza angelica solevano lasciar tralucere il fuoco d'un'anima ardente; quegli occhi, che, insieme ad una onesta alterezza di vergine, aveano un non so che di blando, di accarezzante, tutto spontaneo, e di cui essi non eran consapevoli; quegli occhi sereni, molli d'una mollezza svegliata e rigogliosa, ora sbattuti, infossati nella fronte, mostravano una spossatezza che avea del doglioso insieme e dello spaurato.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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