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      .. Già veggo che a quest'ora ne sai più di quello ch'io credeva: meglio, così potremo venir più presto alle strette. Sappi dunque che Ottorino, quegli che doveva esser tuo sposo...
      - È egli ancor vivo? - sclamò ansiosamente la fanciulla.
      - Lasciami finire; vivo o non vivo, non è cosa tua codesta.
      Bice tremò tutta, per il che il cavaliere soggiungeva subito:
      - Sì, è vivo; sta quieta che è vivo.
      - Questo posso assicurarvelo anch'io, - entrava a dire il Pelagrua, - egli è vivo e sano, e partirà presto pel viaggio divisato di Terra Santa.
      - Come! senza di me?... - proruppe Bice, - no, non è vero! crudeli che siete, perchè straziarmi in tante guise? che v'ho io fatto, che v'ho io fatto di male? - e vinta dall'angoscia, abbassò il volto e diede in uno scoppio di pianto, che troncò poi subito, rialzando il capo tutta atterrita pel sospetto che alcuno intanto non se le avvicinasse. Le lagrime già avviate continuando a scorrere mute dagli occhi, si vedevan scendere in due rivi per le guance, e piovere in seno della tribolata; ma il suo volto s'era già ricomposto a quella forte e dignitosa calma che fa sublime il dolore.
      In quel mezzo il Pelagrua, facendo d'occhio al compagno, premeva insieme le labbra, e si stringea nelle spalle come per dirgli: - vedete mo? avete voluto fare a vostro modo, pigliarla di fronte; ecco quel che ne avete cavato -. Ma quel tristaccio gli fece risposta con uno scrollar di capo, in un cotale atto d'amara impazienza, che tradotto in parole volgari poteva sonare: - Eh! via, baccellone, lascia fare a me -; o qualcosa di somigliante: dopo di che si rivolse alla fanciulla, e seguitava:


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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