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      - Il pericolo è vero... sì, posso assicurarvelo sull'anima mia... ed è pur vero che voi potete salvarlo.
      - E dov'è egli? e che pericolo è il suo? e che posso io fare per lui?
      - Oh! volete saperne troppe in una volta: v'ha delle cose, figlia mia, che non si possono dire, e che non istà bene a domandarle: quello che posso dirvi per ora è questo, che se volete metter senno, Ottorino non morrà, e ve lo prometto io da cavaliere cristiano come sono; e questa mano che mi pongo al petto per darvene la fede, possa io levarnela lebbrosa, se ho l'animo vôlto ad ingannarvi: non morrà, potrà andarsene in Palestina, come diceva qui il castellano, anzi dovete esser voi medesima quella che lo pieghi a ciò, che ormai è tutto quel di meglio che gli resti a fare.
      - E che volete da me? ditemi dunque, dite come posso salvarlo! se il mio sangue, se la mia vita...
      - No, poveretta, no... Via, calmatevi. Non mi guardate con quegli occhi spaventati, venite innanzi, sedetevi, state a vostro agio; non abbiate sospetto di me, nè di nessuno, chè tutti vi portan rispetto come a una regina; e voi qui siete la padrona: questa è casa vostra.
      - Sì? davvero? dunque è proprio il forte di Castelletto questo in cui mi trovo? sono veramente nella casa del mio sposo?
      - E pur dàlle con codesto sposo! Ottorino non è vostro sposo.
      Bice levò le mani al cielo, e rimase come istupidita, senza profferire un accento, a guardare in volto quel suo tiranno il quale continuava spietatamente:
      - Quel piastriccio che avete fatto voi altri laggiù a Milano, non è cosa che tenga: voi siete ancora zittella, e potete dar la mano a chi più v'è in grado.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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