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      Se non che a forza di tener sempre la mente su quelle tre facce sinistre, di rappresentarsele in tutte le attitudini più minute e sfuggevoli, vi fu un momento che si ricordò d'un certo sogghigno fatto da uno dei due uomini d'arme, un sogghigno che Lupo sentiva confusamente non essergli sconosciuto. Frugando più addentro nel cervello, ve ne trovava riposta in un canto una immagine fiacca e scolorata che dovea essere una impressione lasciatavi altra volta da qualcosa di somigliante: pensa, ripensa; di tratto in tratto parea che gli si levasse istantaneamente un velo, e che ricadesse poi tosto; e dietro quel velo vedea balenare sempre più viva quell'immagine; e insiememente provava un non so che di segreto, come un senso interno che l'avvertiva ch'essa non c'era entrata da lungo tempo: quanto più gli riusciva, di poterle tener addosso l'occhio, di poterla guardar in faccia, la ravvisava per una conoscenza di fresca data.
      Dunque indietro a cercare le persone che avea viste dal momento della sua fuga fino a quel punto: rifà il viaggio che avea fatto a cavallo da Rescaldina a Milano: nota, esamina colla mente tutti quelli che si ricorda d'avere scontrati per via: niente che porti sentore di quel maladetto sogghigno... E dopo?... I suoi di casa, il Conte e la Contessa... I famigli: niente!... E dopo ancora?... montato a cavallo, uscito dalla porta... - Oh eccolo! -, sclamò allora nel suo interno, - l'ho trovato! -, e l'avea trovato davvero quel ghigno traditore; l'avea trovato sul volto d'uno degli scudieri di Lodrisio, in cui si ricordò d'essersi abbattuto appunto la mattina di quel dì nell'uscire dalla casa del conte del Balzo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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