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      Tutto polveroso e spumante, imbrattato di sangue i larghi fianchi e il petto, anelando e nitrendo; colle orecchie abbassate, col collo erto, e la coda levata, sbuffava ferocemente e spargeva sassi e zolle sulla precipitosa sua carriera. L'uomo che gli era addosso vi stava su tutto rattrappito tenendosi alle criniere e gridando: - Aiuto! - Lupo lo riconobbe tosto, e si fermò per vedere dove andasse a finire quella faccenda. Il cavallo scorrazzò ancora un bel pezzo in qua e là, secondo che veniva cacciato dalla gente che lo inseguiva; alla fine, fatto cieco dallo spavento, andò a dar di cozzo contra il tronco d'un grosso albero, e stramazzò per terra esso e il cavaliere, tutti e due in un fascio. L'animale fiaccossi il collo, e il cristiano non si sconciò pure un pelo; saltò in piedi lesto come un gatto; ma intanto che stava scotendosi da dosso la terra di che s'era tutto imbrattato, leva un tratto gli occhi, e si vede dietro le spalle quel demonio che avea spacciati in due colpi i suoi due compagni, Lupo insomma; il quale, cacciato il cavallo pei campi, era accorso anch'egli sul luogo di quel conquasso. Misericordia! l'uomo si diè morto: visto che dello scappare così a piedi da uno a cavallo, era niente, gli si gittò in ginocchioni dinanzi pregandolo che gli donasse la vita.
      - Chi sei, manigoldo? - gli domandò Lupo.
      - Messere, barone, - rispondeva il mal giunto tremando per tutte le membra; - sono un povero diavolo: quello che ho fatto, non l'ho fatto a perfidia, vedete; è stato per dare un po' di pane a cinque miei poveri bambini, cinque angioletti che sono come le dita; è stato Passerino che m'ha condotto a questa ribalderia.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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