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      - Siete voi?... - seguitava Ermelinda coll'accento d'una grave e dolce commozione, - venuto in persona a darmi la vita? Il Signore vi terrà conto di quest'opera di misericordia. L'ho detto sempre in cuor mio: quando ei sappia il dolore di che è cagione, non potrà durarvi contro, ch'egli è buono e generoso.
      Marco al sentir quelle parole fu assalito da una pietà, da una tenerezza sì forte per quella povera sgraziata, da uno sdegno, da una confusione, da un tal fastidio di sè stesso, che fece un atto dispettoso con la mano, di che la donna a tutta prima fu quasi atterrita. - Io buono? io generoso? - disse poi con voce soffocata: - per carità, Ermelinda, cessate da questo scherno crudele. Io?... sono un miserabile, un demente... un tristo io sono, ma non sono ancora tanto perduto di cuore, che non mi conosca almanco, che non provi un conforto nel confessarlo, nel confessarlo a voi principalmente...
      - No, no, non dite così: il Signore vi perdona, io vi ho già perdonato: la gioia che mi fate provare in questo momento mi ristora d'ogni angoscia passata. Or via, ditemi, dov'è la mia figlia? quando potrò rivederla?
      - Non vi è dunque riuscito d'averne alcun indizio dal giullare che s'era messo sulle tracce di lei? - rispose premurosamente Marco.
      A questo la donna parve ad un tratto adombrarsi: una nube improvvisa le oscurò la fronte, che s'era prima aperta alla speranza; guardò in volto al Visconte, indi rispose esitando:
      - Il giullare, dite?... no, non è comparso più; e comincio a temere... Ma voi.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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