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      Nessuno risponde: porge l'orecchio al buco della toppa, non si sente nelle camere uno zitto; batte più forte, domanda Lauretta, domanda Bice, niente: viene ad un finestrone difeso da una ferrata, il quale dava nella seconda camera, picchia colle dita nei vetri, vi guarda dentro, chiama per di là ora l'ancella, ora la padrona, nessuno: torna all'uscio, picchia, ripicchia, scrolla, tambussa: opera perduta.
      La poveretta si sentì venir addosso il gelo della morte. Che cosa potea esser avvenuto delle prigioniere? pensò alla lettera di Lodrisio, e rabbrividì; pensò a Marco, e avrebbe voluto cascar morta in quel punto, sprofondar mille braccia sotto terra per non avergli a comparir dinanzi con quella notizia. Che far dunque? rimpiattarsi? fuggire? ma dove, ma come? e il Visconti, non vedendola subito, avrebbe côlto sospetto anche addosso a lei; e se intanto tornava il marito?... Rivolse gli occhi al cielo, e disse: - Signore! sono nelle vostre mani; - quindi colla rassegnazione di un'anima buona si avviò verso le camere, che sapeva abitate da Marco quand'ei faceva dimora nel castello.
      Stava ella per metter il piede nella prima sala, quando lo vide appunto che spuntava sotto un'ala di portico, tornando allora allora dall'aver spacciato Lupo a Milano. Egli pure s'accorse di lei, affrettò il passo per raggiugnerla, e tosto che le fu tanto vicino da poter essere inteso senza gridare: - E così? - le domandò ansiosamente, - l'avete consolata? le avete detto che sua madre sarà qui fra poche ore?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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