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      Bice non s'arrischiando più di entrarvi, di coricarvisi, dal momento che potè accorgersi di non esser sicura, quantunque chiusa nelle sue camere, inferma com'era, passava dolorosamente le notti senza spogliarsi mai delle sue vesti, sdraiata su d'una seggiola, inchinando sul letto il debil fianco, e abbandonando languida il capo fra i guanciali.
      Sul tavolino, nel mezzo della camera, si vedea una lucerna tuttor viva, ma che ormai, consunto l'alimento, mandava appena un fil di luce da una fiammella guizzante sugli estremi lembi del lucignolo riarso, e quasi che ridotto in cenere. Marco vi affissò gli occhi, e in quel momento di passione, abbandonandosi alle fantasie del suo secolo pieno di ubbìe e di vani auguri, gli cadde in pensiero che quella tenue mancante fiammella fosse una immagine, dirò così, il simbolo della vita di Bice, e con un superstizioso terrore ne allontanò tosto soavemente la moglie del castellano, chè col mover dell'aria non fosse venuta ad estinguerla.
      Presso alla lucerna posava una Bibbia aperta al capo XXXIV delle profezie di Geremia: i fogli apparivan bagnati di lagrime recenti, e ai versetti tre, quattro e cinque, si vedevan segnate con un frego le seguenti parole: "Non effugies de manu eius, sed in comprehensione capieris... Attamen audi verbum Domini... Hæc dicit Dominus ad te: non morieris in gladio... sed in pace morieris... et væ Domine! plangent te"(6).
      Marco leggendole, sentissi entrar nel cuore una confidenza, una sicurezza come soprannaturale, che avrebbe trovata l'infelice, che l'avrebbe trovata ancor viva: quel detto del Profeta ch'ella avea notato, del quale dovevasi pure esser consolata, gli parve in quel punto di concitazione, di sollevamento, una chiara predizione del fine di lei; onde, rivoltosi alla donna, le disse: - State di buon animo, che Bice non è morta.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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