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      Quell'andito, mettendo capo in altri corritoi lunghi, tortuosi, riusciva finalmente, dopo un'infinità di volte e di rivolte, in una corticella abbandonata, tutta piena d'ortiche e d'altre male erbe, nella quale si scendeva per una scaletta a chiocciola. In quella corticella rispondevano due porte; la prima, aprendosi nel fondo d'un voltone oscuro che attraversava un enorme terrapieno ed una grossa muraglia, dava sul di fuori del castello, avea la sua saracinesca, il suo ponte levatoio, ed era una postierla da soccorso; l'altra più bassa, tutta ferrata, chiusa con grosse sbarre, con pesanti chiavistelli, quasi nascosta fra due smisurati barbacani di pietra brunastra, schiudevasi verso l'interno del forte, e dava adito a tutti i sotterranei: una infinità, un avvolgimento, un intrico di camerotti, di casematte, di fondi di torre; un andirivieni, un labirinto di vie, di viottoli, di tragetti, che si spartivano, s'incrocicchiavano, si confondevano in cento maniere, girando e diramandosi lungo tutte le fondamenta del vasto edifizio.
      Marco, fatto chiamare il giudice feudale che teneva giurisdizione da lui, e faceva giustizia in suo nome nel castello e nelle attinenze, gl'impose che interrogasse una famiglia, la quale abitava nel corpo d'un terrazzo poco discosto dalla corticella mentovata. Se ne cavò, che la notte erano state intese da quella banda alcune grida interrotte, e come soffocate. Non potendosi far ragione, se le prigioniere fossero state trafugate per la porta da soccorso, o rimpiattate nelle fondamenta del castello, Marco ordinò che si sfondassero le porte dei sotterranei, perchè non vi fu modo di trovarne le chiavi; e nello stesso tempo spedì al di fuori alcune persone accorte, che corressero il Paese, che prendesser voce, frugassero tutto all'intorno, coll'avvedimento di non dar sospetto al Pelagrua se mai si trovasse sulle loro tracce, e colla commissione espressa, abbattendosi in lui, di condurlo in castello per amore o per forza.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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