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      - È ella viva? - domanda Marco di mezzo alla folla degli accorrenti.
      - È morta, - risponde una voce dal luogo a che tutti erano dirizzati.
      Ed ecco venir innanzi un gruppo di gente, e nel mezzo due scudieri che portano pietosamente sulle braccia la figlia del Conte bianca in volto, e cogli occhi chiusi e il capo pendente su d'una spalla. Lauretta la seguiva tutta scapigliata, e sorreggendole con le mani la fronte non cessava dal baciarla, dall'innondarla di lagrime.
      Marco, cui erano rimbombate nel cuore le prime voci di speranza e di morte, che vedeva or proceder lento lento quel corteo funebre, e al lume di tante faci raffigurava a poco a poco la bella persona, il bianco volto della giovane portata, non potea persuadersi che quello spettacolo fosse reale: sperava pure d'essere posseduto dall'illusione fantastica d'un sogno; per certificarsene, andava stendendo intorno attonitamente le mani; ed ora palpava le muraglie, ora stringeva per le spalle e per le braccia le persone che s'abbattevano a passargli dinanzi; finalmente, facendosi largo tra la folla che s'aperse tosto per lasciarlo passare, accostossi a Bice, e le pose una palma sulla fronte. Il freddo che gli venne da quel tocco lo riscosse dalla stordigione, dalla stupidità in che era caduto: un tremore crescente gli si diffuse per le membra, il sangue gli rifluì violentemente al volto rigonfiandogli le vene della fronte, dalla quale si vedevano scorrere grosse gocce di sudore.
      Così, seguitando a lato a lato la fanciulla, pervenne fino in capo alla scala, per la quale dal sotterraneo s'usciva nel cortiletto.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Marco Conte Bice